La prima parte del reportage di Vittoria Carloni, partita per le Fiji, la Nuova Zelanda e l'Australia con un viaggio avventura per teenagers durato 3 mesi
Quella sarebbe stata l’ultima mattina in cui avrei visto la mia famiglia nell’arco dei successivi tre mesi, quindi nel nostro saluto ci fu un po’ di malinconia. Appena salita sull’aereo però, fui avvolta dall’eccitazione di conoscere la mia nuova famiglia, con la quale avrei condiviso esperienze incredibili. Già sapevo che questo sarebbe stato il viaggio della mia vita.
E così, la sera del 10 settembre, dodici perfetti sconosciuti si sono incontrati all’aeroporto di Los Angeles ed imbarcati per un volo di undici ore, ignari di quello che li avrebbe aspettati una volta atterrati.
I nostri group leaders ci aspettavano a terra, a Nadi, nelle Figi occidentali. Già dal primo giorno ci hanno avvisato che le Figi sarebbero state la parte più estenuante del nostro viaggio, sia mentalmente che fisicamente.
Ora che ripenso al viaggio che ho fatto, posso concordare con loro. Comunque, solo i primi giorni sono stati difficili e l’idea di tornare a casa non mi è mai passata per la testa, perché guardandomi intorno avevo subito capito quanto fossi fortunata a trovarmi in questo paradiso tropicale.
I primi giorni del viaggio li abbiamo passati al ‘campo base’ della compagnia, per integrarci nella particolare cultura figiana. Ci è stato regalato il sulu, un pareo tradizionale che i locali indossano quando camminano per i villaggi, e in particolar modo durante la cerimonia della kava, durante la quale si beve una pianta – la kava, appunto – dagli effetti benefici e rilassanti. La prima volta che abbiamo provato la kava è stata anche la prima volta in cui abbiamo indossato i nostri sulu, e non vi nascondo che essere circondati da muscolosi figiani che pregano e cantano nella propria lingua ci ha fatto sentire un po’ fuori luogo.
In seguito, siamo partiti per le montagne figiane e questa, per tutti, è stata la parte più difficile dei nostri tre mesi di viaggio. La sera prima abbiamo riempito gli zaini con tutto ciò che ci sarebbe servito per i successivi cinque giorni. Questa sarebbe stata la prima di tante volte in cui avremmo dovuto portarci dietro solo lo zaino. Dopo una camminata di circa un’ora, siamo arrivati a Sasa, in mezzo alle foreste tropicali. Non c’era nemmeno il segnale per il telefono, che si è rivelato essere un grande aiuto per fare gruppo, dato che non potevamo fare altro che ammirare il paesaggio e raccontarci le storie che portavamo con noi da casa. Per due notti abbiamo dormito tutti insieme in una grande capanna, su umidi materassi sottili messi sul pavimento. La doccia e il bagno erano distanti dalla capanna, perciò incontrammo molti animali durante le nostre gite alla “toilette”. Fortunatamente, tutti riuscivamo a riderci sopra, perché eravamo disposti ad adattarci a questo nuovo stile di vita. Questo, unito al fatto che la sera partecipavamo alle cerimonie di kava con i locali, ci ha permesso di integrarci appieno con la gente del posto, che al termine dei due giorni trascorsi lì sapevano perfettamente tutti i nostri nomi e le nazionalità. A Sasa abbiamo anche imparato diverse parole in figiano e un insegnamento davvero importante: è inutile cercare di coprire le macchie di sudore o la puzza dei nostri vestiti, perché tutti sudano e non c’è bisogno di vergognarsi per cose così naturali, in una situazione come quella in cui ci trovavamo.
Dopo aver conosciuto questo piccolo villaggio ci siamo spostati a Nausouri. Qui ci siamo divisi in coppie per recarci a vivere nelle case famiglia. Qui ho realizzato quanto sia stata fortunata ad avere avuto la possibilità di andare a scuola ed aver imparato i miei diritti come persona. Durante la mia prima conversazione con la nostra Nana (figiana da parte di madre) ella ha chiesto a me e alla mia amica se l’Italia e l’America confinassero… A questo punto la mia amica le ha mostrato il suo tatuaggio con la mappa del mondo, facendole anche vedere dove fossero le Figi. Mi ricordo ancora l’espressione incuriosita della donna, la quale non aveva mai visto una mappa del mondo e non sapeva nemmeno come fosse fatto il suo Paese. Questo piccolo episodio mi ha motivato ancor di più a fare bene durante la nostra prima parte di servizio sociale, che avremmo iniziato di lì a poco. Questo sarebbe stato il primo servizio sociale di tanti, tra Figi e Australia. Per tre giorni abbiamo fatto cemento, per poi spargerlo sul sentiero che stavamo costruendo. L’obiettivo di questo progetto era di far percorrere il sentiero per tutto il villaggio, così durante le giornate piovose gli abitanti sarebbero riusciti a muoversi più facilmente e con più sicurezza. Questo progetto è stato iniziato nel gennaio 2018 e il nostro gruppo lo ha terminato, perciò è stata una grande soddisfazione vedere il cemento arrivare fino a casa del sindaco, la tappa finale. Come segno di ringraziamento, gli abitanti ci hanno fatto imprimere le impronte delle nostre mani sul cemento fresco e il sindaco ci ha invitato a bere kava nella sua casa. Una giornata di servizi sociali cadeva proprio nel giorno di compleanno di uno degli abitanti di Nausori e mi ha stupito molto come lui preferisse lavorare per il suo villaggio invece che essere a casa a festeggiare. Mi disse che preferiva fare del bene agli altri e questo mi ha fatto comprendere l’umiltà di queste persone. Il tempo dopo il servizio lo trascorrevamo giocando a pallavolo con gli abitanti del villaggio o insieme ai bambini.
Quando abbiamo lasciato il villaggio, tutti gli abitanti sono venuti ai nostri carretti e ci hanno cantato una canzone d’addio, che ha reso il saluto agrodolce, dato che ormai eravamo parte della comunità; comunque, non vedevamo l’ora di scoprire cosa ci avrebbe aspettato una volta arrivati alla prossima destinazione.
to be continued...