La seconda parte del reportage di Vittoria Carloni, partita per le Fiji, la Nuova Zelanda e l'Australia con un viaggio avventura per teenagers durato 3 mesi
Tante docce e lavatrici dopo, avevamo fatto le valigie per andare l’isola di Naviti, a Nord. Il viaggio in barca è durato quattro ore, ma all’arrivo concordammo che la nausea e il mal di mare erano valsi la pena. Siamo attraccati a 20 minuti dal villaggio di Somo Somo, dove avremmo dormito nelle tende per una settimana. Quel posto è ancora oggi la mia parte preferita del viaggio. I primi tre giorni a Naviti li abbiamo trascorsi studiando per prendere la WFA, ossia il certificato per primo soccorso. Eravamo tutti contenti che non si trattasse di essere rinchiusi in una classe per ore, dato che eravamo tutti nel nostro anno sabbatico e nessuno avrebbe voluto avere delle vere e proprie lezioni. L’istruttore ci spiegava parte del corso e poi noi dovevamo far finta di aver avuto quella specie di incidente ed essere curati dai nostri amici. Il tutto è stato reso migliore da sangue e ferite finte e dal fatto che eravamo in riva al mare. Dopo la “lezione”, di solito giocavamo a pallavolo, andavamo a fare kayak o snorkeling nelle acque tropicali. La sera invece ci sedevamo tutti sul portico a bere kava o a raccontarci storie e a guardare il cielo stellato. La luna e le stelle erano così luminose che, quando il generatore della luce si spegneva alle 21:30, si riusciva ancora a vedere tutto chiaramente. Finito WFA, il giorno seguente abbiamo proseguito sull’isola Yasawa per fare un’introduzione di immersioni. Si trattava di un’isoletta con un hotel di lusso ed è stato strano tornare alla civiltà, anche se per poche ore. La cosa più strana fu avere delle docce calde e specialmente entrare in un bagno profumato, dove c’era un vero e proprio sciacquone e non le bio-toilets.
Qui mi sono accorta di essere una privilegiata a poter avere tutte queste “lussuosità” e in quel posto ho iniziato a dare valore a cose che prima davo per scontato. Comunque, questa cosa delle immersioni è stata bellissima. All’inizio avevo paura di andare 10 metri sott’acqua, ma la nostra istruttrice era carinissima e ci ha subito rassicurato. La mia prima immersione è stata straordinaria. Andare sul fondale e osservare i pesci nuotare e nascondersi dai predatori è qualcosa che non avevo mai visto quando facevo del semplice snorkeling. Abbiamo visto anche delle stelle marine blu, che la ragazza ci ha detto essere normali, nelle Figi.
Gli ultimi giorni a Somo Somo abbiamo aiutato i locali a dipingere un asilo che era stato costruito nei mesi precedenti. Una volta terminato, l’asilo sarebbe servito per tenere i bambini nel villaggio, invece che metterli su una barchetta per mandarli a scuola dall’altra parte dell’isola ogni mattina. L’ultima sera siamo andati a letto presto, perché le la sveglia era alle 4:30, così da poter camminare fino in cima alla collina accanto alle nostre tende in tempo per vedere l’alba. Poi, in barca abbiamo fatto ritorno sulla terraferma.
Abbiamo poi fatto ritorno a Nadi, per aiutare a costruire una casa distrutta dall’uragano del 2016. Dopo aver riempito nuovamente gli zaini per i tre giorni successivi, ci siamo spostati con dei carretti fino alla Vaturu Dam. Qui eravamo su una montagna e il paesaggio era spettacolare. Ovviamente c’era anche una rete da pallavolo e, dopo aver finito di aiutare a risistemare e coltivare l’orto, il pomeriggio ci siamo ritrovati anche con la famiglia del posto a giocare tutti insieme. Come a Sasa e a Nausori, anche qui ci siamo tuffati da una splendida cascata, per rinfrescarci dopo i servizi sociali. Con nostra grande sorpresa, dopo quasi un mese, quelle tre sere abbiamo sentito freddo. Eravamo tutti felicissimi di poterci metterci delle felpe e dei pantaloni lunghi, per poi addormentarci avvolti dai nostri sacchi a pelo. A Vaturu Dam abbiamo assistito alla nostra ultima cerimonia ufficiale della kava.
Una volta rientrati a Nadi, abbiamo sostato nella città per un paio di ore. All’inizio siamo andati tutti a caccia di souvenir per le nostre famiglie e, alla fine, ci siamo ritrovati tutti a Tappoo, l’unico negozio di catena nelle Figi con un impianto di aria condizionata. Quella sera, mentre eravamo in ostello, il cielo ci ha regalato il tramonto più bello che io abbia mai visto. I colori variavano ogni minuto e il cielo era tinto di mille sfumature di rosa. I due giorni successivi sono stati un po’ più rilassanti; il primo di questi abbiamo fatto “island hopping”, prendendo due barchette per andare di isolotto in isolotto a nuotare e a fare snorkeling. Il giorno seguente ci siamo divertiti a correre giù per le dune di sabbia e osservare il mare all’orizzonte dalle Sigatoka Sandunes.
L’ultimo periodo alle Figi l’abbiamo trascorso giù a sud, a Pacific Harbour. Qui abbiamo dormito tutti insieme, ragazze, ragazzi, group leaders e autisti. E’ stato diverso perché dovevamo fare molto piano la sera, dato che alcuni andavano a dormire molto presto, ma anche divertente perché potevamo stare tutti insieme. Durante il tempo trascorso qui, siamo stati in escursione al parco avventura, con le sue altalene e lo zip lining, e abbiamo fatto kayak, dove abbiamo persino avvistato delle mucche nuotare da una sponda all’altra del fiume.
Mercoledì 10 ottobre è stato il nostro ultimo giorno alle Figi, nonché anche festa nazionale. Lo abbiamo trascorso in spiaggia a fare il bagno e ricevere massaggi, per goderci il nostro ultimo giorno come dei veri turisti. Per completare il tutto, la sera siamo andati a cena all’Hard Rock Cafe, per vedere gli abitanti locali danzare fuori dal ristorante durante la loro festa nazionale. Il mattino dopo abbiamo dovuto salutare queste paradisiache isole tropicali, per imbarcarci sull’Air New Zealand, con destinazione Auckland.