Viaggiare per riscoprire l’importanza della nostra Madre Terra
Azzorre, 31 agosto-05 settembre 2019
Ci sono luoghi che ti appaiono in sogno, cullandoti nel dormiveglia fino al momento in cui ci si arrende alla stanchezza. L’immagine che spesso mi accompagna fra le braccia di Morfeo è quella di un placido laghetto, nutrito da un ruscello che porta acqua di sorgente. Le sue sponde morbide sono fiancheggiate di alberi e il rumore dell’acqua profuma di fresco.
A settembre dello scorso anno, ho scoperto che questo luogo non esisteva solamente nei miei sogni, ma che era realtà e si trova in un avamposto sperduto nell’oceano Atlantico: le isole Azzorre. Le sue acque grigio perla si estendono fino alle rive coperte di muschio e in ogni centimetro di spazio c’è qualcosa che richiama umidità: la rugiada sull’erba e sulle fronde degli abeti, le sorgenti che sgorgano tra i piedi, e poi quella pozza di acqua calma, appena increspata da qualche sbuffo di vento. Come quel laghetto, centinaia di altri costellavano i fianchi erbosi di splendidi vulcani estinti. È bastato un pomeriggio per capire che questi pendii avrebbero per sempre fatto parte dei miei luoghi del cuore.
Sono partita con il mio compagno a fine agosto, con le aspettative che “pesavano” molto più del mio bagaglio a mano. Lavorando in un’agenzia di viaggi, mi ero imbattuta più e più volte nelle immagini e nei racconti di questi luoghi incantati, tra i più puri e incontaminati dell’Europa. Mi aspettavo tramonti sui faraglioni ad incendiare l’orizzonte, schiene di balena luccicanti nell’oceano, ortensie grandi quanto il palmo della mia mano, deliziosi manicaretti cotti in fumarole perpetue che attingono all’energia profonda della Terra, … e posso già anticipare ai lettori che le mie aspettative non sono affatto state tradite.
Al nostro arrivo, la mitica guida ci accoglie con entusiasmo, anticipando che i quattro giorni successivi sarebbero stati pieni di cose da vedere. Giunti in albergo, dispiega davanti ai nostri occhi una cartina, dividendo l’isola di São Miguel in tre aree e consigliandoci di prenderci un giorno per esplorare ciascuna zona. Dopo il suo briefing, io e Mattia fatichiamo sinceramente ad addormentarci; l’adrenalina di imbarcarsi su questo viaggio in self-drive è troppa ed entrambi ci siamo già innamorati a prima vista di quest’isola, ancora prima che l’aereo iniziasse la discesa per atterrare su quello che, dall’oblò, pareva un puntino minuscolo.
Il giorno successivo, dopo un buon caffè nel bar migliore di Ponta Delgada, ci mettiamo in strada e iniziamo l’esplorazione. La nostra guida ci mostra i dintorni della città, iniziando da subito con uno degli scorci più panoramici dell’isola. Acqua turchese a perdita d’occhio e qualche roccia vulcanica che affiora tra i flutti come se la Terra stirasse le braccia al cielo dopo una pennichella pomeridiana. A due passi, un bel giardinetto con un manto erboso che invita al riposo. Gli azoriani adorano i barbecue – è proprio un rito domenicale per molte famiglie – e pressoché ogni parco in riva all’oceano ha griglie e gazebo per godere delle giornate all’aperto. Mentre ascoltiamo i racconti dello spopolamento da parte degli abitanti, contrapposto all’arrivo di tanti stranieri che acquistano e ristrutturano vecchi poderi, arriviamo al parco botanico di Furnas. Qui si trovano tantissime specie di flora da diverse parti del mondo, perché al tempo delle grandi scoperte geografiche, i ricchi possidenti terrieri facevano a gara a chi avesse il giardino più bello, importando piante e fiori da tutte le parti del mondo. Così si è diffusa anche la pianta più infestante dell’isola (chiamata Yellow Ginger), proveniente dall’Himalaya e tristemente celebre per aver preso il sopravvento sulla flora locale – della quale rimane ben poco.C'è un detto locale che dice che, se vuoi fare un torto al tuo vicino di casa, devi gettargli i semi di questa pianta!
Anche nel parco, l’acqua risuona gorgheggiando in un ruscello ricco di variopinte carpe koi, che serpeggia fra la rigogliosa vegetazione. All’ingresso si trova una caldissima vasca di acqua sulfurea dal caratteristico colore ferruginoso, molto apprezzata da turisti e locali allo stesso modo. Ogni angolo del parco sembra il luogo perfetto da immortalare in una foto, e il pomeriggio scorre veloce davanti ai nostri occhi entusiasti.
Proseguiamo la giornata presso un antico stabilimento di coltivazione e produzione del tè, che a livello economico ricopre un ruolo molto importante per l’arcipelago. Molto del tè prodotto in Europa, proviene infatti da quest'isola. Qui scopriamo come si coltiva, raccoglie, tratta il tè e qual è la differenza nel procedimento di lavorazione del tè verde e del tè nero. Ci sono tante famiglie insieme a noi, con bambini che si divertono a scoprire l’utilizzo di quei macchinari quasi centenari.
Nel tardo pomeriggio arriva il momento di salire in uno dei luoghi più affascinanti dell’isola, il cratere vulcanico Lagoa do Fogo. La riserva naturale che lo circonda regala paesaggi davvero unici e per i più avventurosi è possibile costeggiare le sponde del fiume lungo un sentiero che ben si presta a trekkers o mountain bikers esperti. Questo non è l’unico lago dell’isola situato in cima ad un cratere vulcanico, poiché essa si è originata grazie a lava e lapilli eruttati nel corso di millenni da tre vulcani sommersi dall’oceano. Con il tempo, questi si sono estinti e l’acqua ne ha ricoperto i crateri, regalandoci dei paesaggi davvero unici. Il vento battente e la tabella di marcia stretta ci impediscono di addentrarci per i sentieri, ma ci ripromettiamo che torneremo qui in un futuro prossimo.
La giornata vola e presto ci ritroviamo a passeggiare per gli stretti marciapiedi di Ponta Delgada. È già tardi e la tranquillità regna sovrana. A parte ristoranti e qualche bar, non ci sono molte occasioni di divertimento notturno – questo per noi è un pregio, perché venendo dalla Riviera è un piacevole cambio d’atmosfera. piccole comitive di ragazzi si ritrovano nella piazza principale, qualcuno passeggia sul lungomare. Già intorno alle ore 23 i locali cominciano a chiudere, perciò se volete mangiare qualcosa, il consiglio è quello di uscire di buonora.
Il giorno successivo passiamo a noleggiare l’auto che io e Mattia useremo per esplorare l'isola in solitaria e, dopo un altro briefing con la guida, partiamo per la porzione on the road del nostro viaggio. Arrivati nella zona nord-occidentale dell’isola, ci dedichiamo ad una passeggiata intorno alla zona di Sete Cidades. Dapprima raggiungiamo il romantico Lagoa do Canàrio – lo scenario da sogno che ho descritto in apertura. Proseguiamo poi verso un miradouro, un punto panoramico che promette uno scenario mozzafiato sul lago di Santiago e i due laghi di Sette Città.
Purtroppo la giornata è nuvolosa e la nebbia ci impedisce di vedere i laghi, ma accettiamo la volontà della natura e partiamo per una passeggiata fra i boschi, speranzosi che al nostro ritorno il cielo si sia rischiarato. Il sentiero è davvero ben tenuto e alla portata di tutti; ci sono scalini in terra battuta con cordoli di legno, ponticelli di abete, segnaletica chiara. Non ho mai visto delle tonalità di verde tanto intenso; ogni foglia sembra satura di acqua, il muschio è di una consistenza mai sentita prima. Vorrei rimanere qui per sempre! Il rumore di acqua corrente ci accompagna per tutto il sentiero, anch’esso di un vivace colore rossastro. Madre Natura ha generosamente regalato a questi luoghi quanto di più prezioso abbiamo al mondo: acqua di sorgente, alberi maestosi, aria pura.
Tornati sui nostri passi… ecco la sorpresa!
to be continued...